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Prediche

„Una predica deve essere come gonna di una donna, non troppo lunga né troppo breve”

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New York, St. Margaret, il 12 agosto 2007

 

Cari amici nella fede!
Domenica scorsa abbiamo parlato dei soldi.
Gesù ha detto: "Fate attenzione e guardatevi dall'avarizia".
Gesù ammoniva di non dedicare tutta la vita al denaro.
Ma se è così che cosa potrebbe essere più importante del denaro?
Se non soldi - che cosa?

La seconda lettura di oggi non ha nessun dubbio.
Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità.
Per fede soggiornò nella terra promessa.
Per fede anche Sara, sebbene fuori dell'età, ricevette la possibilità di diventare madre.
Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco.
La seconda lettura di oggi è soltanto l'abbreviazione del capitolo undicesimo dalla lettera agli Ebrei. Questa lettera parla delle persone che hanno fatto tutto per la fede. L’autore della lettera finisce la sua meditazione cosi:
E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti, i quali per fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trovarono forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri.

Per fede.

Grazie alla fede non ho paura della morte. So che la vita dopo la morte sarà migliore di questa.
Per fede non ho paura di essere solo, So che chi crede non è mai solo.
Per fede non temo di nessuno. Gesù mi dice: " Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla”.
Grazie alla fede non ho paura di perdere qualcosa. Gesù mi dice: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?
Per fede non temo l'odio: Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno.
Tuto grazie alla fede. 

Credo in Dio, perché egli dice:
Se i monti si spostassero e i colli fossero rimossi, il mio amore non si allontanerà da te né il mio patto di pace sarà rimosso.
Credo in Dio, perché egli dice:
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
Credo in Dio, perché egli non dice mai le bugie, non inganna mai, ma è il fonte della forza e la gioia.
Credo in Dio perché anche se non sono migliore di quelli che non credono, egli mi perdona tutti i miei peccati.
Credo in Dio perché non posso credere in me stesso.
Quando mi confesso prometto di non fare gli stessi peccati e poi faccio gli stessi.
Voglio essere un buon cristiano è sempre mi capita di fare le cose che sono contro la mia fede. 
Credo in Dio. Ho fiducia in lui.

Questa è la mia vita, i miei soldi, la mia fama.
Questo è il mio mondo.
La fede.
Tutto grazie alla fede.
Senza la fende - Niente.
Nel mio paese c’è un proverbio: Senza Dio non attraversare neanche le soglie della tua casa. Con Dio puoi andare anche al Calvario.

E che ne pensate voi?

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New York, St. Margaret, il 5 agosto 2007

 

Oggi, dobbiamo parlare dei soldi, perchè ne parla Gesù.
Vorrei dire in merito soltanto tre parole. 

1. La prima è la domanda:
"Che cosa raccogli nella tua vita?"
Puoi dire: Sono più ricco che 20 anni fa?
Puoi dire: Ho più soldi che 40 anni fa?
Gesù non ha detto: Non puoi accumulare il denaro.
Gesù non ha detto: essere ricco è un peccato.
Gesù ha detto: "Fate attenzione e guardatevi dall'avarizia, perché la vita di uno non consiste nell'abbondanza delle cose che possiede".
La domanda è:
"Che cosa raccogli nella tua vita?"
Puoi dire: Sono più santo che 20 anni fa?
Puoi dire: Prego meglio che 10 anni fa?
Puoi dire: Conosco Dio meglio che nel tempo quando ero bambino?
Puoi dire: ora, amo più mia moglie che nel giorno del nostro matrimonio?
"Che cosa raccogli nella tua vita?"
Sarebbe molto triste, perfino tragico morire col pieno stomaco ma con il cuore vuoto. 

2. La seconda parola è sulla verità.
È vero che i soldi sono i più importanti?
È vero che più ricchi sono più felici?
È vero che sei niente se sei povero?
Ringrazio Dio ogni giorno che egli mi ama non per la mia tasca o per la mia posizione.
Ringrazio Dio che ogni uomo ha lo stesso valore agli occhi divini: che il presidente degli Stati Uniti oppure il Papa non hanno più valore di quelli che muoiono di fame ".
Ringrazio Dio perchè egli dice agli uomini che pensano soltanto del denaro: "Sei stolto!”
Ringrazio Dio che lo dice in modo fortissimo perché non si può parlare con le parole belle quando si tratta del male inguaribile. 

3. L'ultima parola riguarda il nostro dovere.
Non vi conosco ancora, ma sono convinto che non soltanto qui, ma in ogni angolo della terra noi, cristiani, dobbiamo mostrare agli uomini il proprio atteggiamento ai soldi. Dobbiamo fare questo, perché è la questione della vita e della morte.

Noi, cristiani, non invidiamo agli uomini che sono più ricchi di noi.
Non ci preoccupiamo tanto del denaro.
Non ci lamentiamo quando non abbiamo tanti soldi.
Non diventiamo pazzi per la mammona. Non truffiamo nel lavoro.
Siamo onesti.
Paghiamo le tasse.
Non rubiamo.
Non siamo schiavi del Dollaro.
Siamo contenti di avere i soldi.
Ma siamo più felici quando abbiamo Dio, la famiglia, l'amore e la fede.
Siamo più felici di avere le cose che non passano mai.

Ecco la verità sul denaro...

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Pieve, il 24 luglio 2005

 

Ci fermiamo sulla prima frase del vangelo. Gesù dice:
“Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo: un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo; poi, pieno di gioia, va, vende tutto quello che ha e compra quel campo.” 

Che cosa è regno dei cieli di cui Gesù parla così spesso? Non è la vita dopo la morte o meglio non soltanto questa. Se si parla del regno, deve essere il re, e se è il regno dei cieli, re deve essere Dio. Il regno dei cieli è una realtà, una vita, dove regnano più le nostre passioni o i desideri degli altri, ma Dio stesso, dove sia fa soltanto la sua volontà. In modo migliore l’ha spiegato san Paolo apostolo: “il regno di Dio, infatti, non è cibo o bevanda, ma giustificazione e pace e gioia nello Spirito Santo.” (Rom 14,17). 

Gesù paragona questo tipo del regno a un tesoro. Ma se lo paragona a un tesoro, vuole dire che il regno dei cieli non è la cosa misera, scadente. Anzi, se l’uomo per poter acquistare il tesoro va e vende tutto quello che ha, questo significa che la vita nuova, dove Dio è re, ha grande valore. Vale la pena vendere tutto per poter avere una vita felice nel senso piena della parola.
Si, il tesoro è il regno di Dio. Ma dato che il regno venga per mezzo di Gesù Cristo, San Paolo dirà che è il Cristo “nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e conoscenza”. (Col 2,3) 

Ma perché Gesù paragona il regno dei cieli a un tesoro nascosto? Pensiamoci bene!
Se il tesoro era nascosto, significa che non tutti lo hanno visto. Anzi, che forse tanti calpestavano la terra sotto la quale il tesoro era nascosto. Inoltre se il tesoro è nascosto in un campo, questo significa che era raggiungibile da tutti. Non si parla di un giardino chiuso, dove non si può entrare. Il tesoro era nascosto, è vero, ma tutti potevano trovarlo.
Infine un uomo ha trovato un tesoro nascosto e subito si è accorso che il tesoro è una cosa per la quale vale la pena dare tutto. Non era un mercante. Ma sapeva riconoscere un tesoro. Inoltre era il suo vantaggio che camminava in questo luogo. Se non avesse fatto una passeggiata sul campo, non avrebbe trovato nulla. 

Che cosa, cari, significhi tutto questo per noi, sembra abbastanza ovvio.
Gesù ci ricorda di nuovo che il regno dei cieli, cioè la vita nuova, dove Dio è re, è un tesoro preziosissimo. Non tutti lo vedono perché è nascosto. È nascosto nella parola di Dio, nella preghiera, nelle pratiche religiose, nella fatica di cercare Dio. È nascosto sotto le cose che sembrano essere un suolo senza grande valore.
Ma Gesù ci dice ancora una cosa. Se non abbiamo coraggio di perdere tutto per la fede, per Dio, per la vita nuova questo significa che non abbiamo trovato ancora il tesoro.

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Pieve, il 10 luglio 2005

 

Cari amici…
Le parole, che abbiamo appena udito, sono abbastanza chiare. Dio per bocca del profeta Isaia dice che la sua parola è sempre efficace. E nel vangelo odierno Gesù stesso spiega che l’efficienza del seme cioè della parola di Dio dipende dal terreno su cui essa cade.  
Al primo viso tutto sembra semplice. Ma se è così perché non ci sono frutti della fede nella nostra vita? Perché siamo santi nello stesso modo come 10 anni fa? Perché il mio e forse anche il tuo comportamento non è tanto diverso da coloro che non credono in Dio? Perché è così?
Penso, cari amici, che ci sono almeno tre cause da cui dipendono i nostri problemi con il seme della parola di Dio.

Primo - non siamo convinti dell’efficienza della parola di Dio. L’abbiamo sentita tante volte nella vita ed è successo nulla. Non ci siamo statti arricchiti notevolmente e non si è cambiato tanto il nostro stile di vita. Che il denaro o buon lavoro sia efficace, ne siamo sicuri, ma la parola di Dio…? Anche se magari ad alta voce parliamo che la parola di Dio per noi è importante, il primo problema con essa è la mancanza della convinzione che questa parola può veramente portare i frutti straordinari. 

La seconda causa che crea i problemi con la parola di Dio sta nel fatto che non ci interessiamo della parola di Dio, che non troviamo il piacere nella ricerca e nella scoperta della parola divina. Ci piacciono i diversi film, i diversi libri, ci piacciono le macchine ed i viaggi. Ci piacciono perfino i pettegolezzi e gli altri peccati, ma non troviamo gusto nella parola di Dio. Non è così? 

Il terzo problema con la parola divina viene dal fatto che a volte non sappiamo riconoscere quale suolo, quale terreno siamo noi. Pensiamo che siamo il terreno buono invece il diavolo prende il seme perché siamo come la strada dalla parabola di Gesù. Oppure ci sentiamo come luogo sassoso senza radici profondi, ma in realtà non è la mancanza della perseveranza, ma la preoccupazione del mondo che soffoca la parola ed essa non dà frutto.
Non siamo uguali. Uno ha bisogno della convinzione che Dio esisti, l’altro che la chiesa sia la cosa molto importante, un altro invece che valga la pena di leggere la Bibbia. Senza la sincerità e la consapevolezza quale cristiano sono io, anche tutta la vita passata nella preghiera può essere lo spreco del tempo come lo spreco è la semina sulla strada.

Cari amici.
Dio non ha finito di seminare la sua parola. Ma che facciamo noi con questo seme? E la domanda per tutta la settimana. Che fai tu con la parola di Dio?

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Pieve, il 3 luglio 2005

 

Cari cristiani,
Siamo qui non solo per abitudine. Veniamo in chiesa per cogliere almeno una parola di Dio che ci può aiutare durante tutta la settimana. Una della parole che ci propone oggi la Sacra Scrittura è la parola “umiltà”. Per dire la verità, non ci piace di essere umili. Non è uno stile delle pubblicità. Non è un modello preferito dal mondo d’oggi. Di solito “umiltà” sembra essere un segno della debolezza. Ma non è così negli occhi di Dio. 

Il re di Gerusalemme descritto dal profeta Zaccaria è un umile uomo che cavalca un puledro, figlio d’asina invece di un cavallo. E nonostante la sua umiltà - o dicendo meglio - grazie a questa umiltà il re è vittorioso, ed è lui che frantuma tutti i strumenti della guerra e annuncia la pace. Colui che sembrava debole è in realtà il re della terra. Umiltà è un mezzo che porta alla vittoria. 

Lo stesso spirito si vede nella lettura di san Paolo ai Romani. Non è il dominio della carne che porta alla vita. Non è la vita secondo la carne che porta alla risurrezione. Vivere secondo la carne cioè seguire tutti i desideri del corpo e tutti i progetti inventati da noi stessi invece della volontà dello Spirito Santo è un segno della superbia che porta alla distruzione. Chi sa che non siamo noi, ma è Dio stesso che deve guidare la nostra vita, costui è umile, perché “umiltà” significa anche sottoporre i nostri desideri ai progetti di Dio. 

Non manca la parola “umiltà” nel vangelo odierno. Gesù ringrazia Dio che i misteri della fede ha rivelato ai piccoli, e non ai sapienti. Perché gli intelligenti pensano che loro abbiano conosciuto i misteri di Dio. Gli uomini semplici che non sanno neanche esprimersi sono convinti che la fede è la grazia di Dio. Ci vuole umiltà per essere convinto che tutto nella nostra vita è un dono del Signore.
Lui stesso si dichiara come una persona mite e umile. Nessuno ha paura delle persone umili, perciò Gesù può dire: “venite a me, voi tutti, che siete affaticati”. Tutti possono avvicinarsi all’uomo umile perché sanno che non li farà male. 

Se alle letture sentite oggi aggiungiamo anche gli altri passi della Bibbia dove si parla dell’umiltà, saremo colpiti dal fatto che “essere umile” è una questione da non lasciare a parte.
Maria canta che Dio “ha rovesciato i potenti dai troni e innalzato gli umili”. Sano Paolo esorta i Romani: “non aspirate a cose eccelse, ma lasciatevi attrarre dalle cose umili”. Ai Corinzi scrive che Dio “consola gli umili”. San Giacomo dirà nella sua lettera che “Dio resiste ai superbi e dà la grazia agli umili”. Anche San Pietro solennemente celebrato nella settimana passata scrive le parole: “Tutti rivestitevi di umiltà, poiché Dio si oppone ai superbi ed elargisce la sua benevolenza agli umili.”

Cari amici della Chiesa,
Quante lacrime sono state versate per la superbia del nostro cuore o del cuore degli altri?!
Quanta amarezza dimorava dentro di noi quando aspiravamo a cose eccelse?!
Quante discordie sono nate dalla convinzione che siamo noi ad avere sempre ragione?!
Tornate a case e provate di essere più umili!
Così faremo un passo verso Gesù e potremo stare più vicino a lui, perché solo gli umili possono trovare chi è “mite e umile di cuore”.

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Pieve, il 26 giugno 2005

 

 

“Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me”.
 Che ne pensate voi?
“Chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me”.
Che ne dite voi?

Ce l’hai un figlio? Una figlia? Li vuoi bene? Che pensi di loro? Quali sentimenti sono nascosti nel tuo cuore nei confronti di loro? Provi una gioia? Sei orgoglioso? Che puoi dire di tua madre e tuo papà? Sei contento di essere il loro figlio? Anche se loro forse sono già morti, li ami ancora? Di solito non ci manca l’amore per i nostri vicini. 

Adesso pensiamoci nello stesso modo su Cristo. Che pensi di lui? Provi un piacere? Lo vuoi bene? Lo ami? Quanto tempo parli con i tuoi vicini e quanto tempo con Gesù? Quanto tempo offri per la tua famiglia e quanto tempo per Gesù?
“Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me”.
Se io amo, se voglio bene e mi preoccupo più dei miei vicini che di Gesù non sono degno di lui, vale a dire, non sono degno di essere il suo discepolo, non sono degno di partecipare al regno portato da Gesù.
Carissimi, ho paura che siamo così abituati alle parole di Gesù che non capiamo più niente dal peso che queste parole portano dentro di se.
“Chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me”. 

Non so che ne pensate vuoi. Io, dopo 7 anni del mio sacerdozio so che non sono ancora degno di lui. So che non lo amo più degli altri, più delle altre cose, più di me stesso. Nella vita si fa tante cose, ma si dimentica che la cosa più importante è amare Dio più di qualsiasi cosa.
“Chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me”. 

La parola di questa domenica mi insegna che devo fare qualcosa per innamorarmi di Gesù ancora di più perché altrimenti non sarò il suo discepolo, non sarò un cristiano, non sarò un uomo degno di lui.
Se qualcuno ha gli stessi sentimenti, dica con me:
Dacci, o Dio, il dono del tuo amore, perché se non ci sentiremo amati, non ti ameremo sopra ogni cosa. Ti preghiamo per Cristo, nostro Signore. Amen.

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Borgo San Donato, il 15 giugno 2003

 

Cari cristiani!
Che cosa ci dice la festa odierna?
Che ci dice Dio nel giorno della Santissima Trinità?
Scusate che le mie parole saranno semplici, ma da un lato sono straniero, dall’altro non si può complicare il mistero abbastanza già difficile. Aprite dunque i vostri orecchi, spalancate il vostro cuore per non uscire dalla chiesa senza parola di fede. 

Prima verità che sgorga dalla scrittura odierna dice: Dio Padre esiste!
E’ Dio che ha creato l’uomo sulla terra. E’ Dio che ha parlato al suo popolo. E’ Dio che ha scelto una nazione e con mano potente e braccio teso ha fatto grandi miracoli. Perciò Mose parlò al popolo: “Sappi dunque oggi e conserva bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra”.
Si può dire tante parole riguardo a Dio Padre, prima persona della Santissima Trinità, ma oggi dobbiamo sopratutto credere che Dio esiste, non fuori del mondo ma in mezzo del suo popolo.
Quanto povero deve essere un uomo dubbioso in Dio vivente vicino a lui... 

Seconda verità che scaturisce dalla parola odierna dice: Lo Spirito Santo è una forza di guida!
San Paolo dichiara: “Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio”. Per mezzo di questo Spirito possiamo gridare “Abba, Padre!”. E’ lui che attesta che siamo figli di Dio. E’ lui che quida la chiesa. E’ lui che ci aiuta nelle varie scelte. E’ lui senza cui è difficile pregare.
Ogni uomo capisce che i diversi spiriti possono vivere nel nostro cuore. A volte c’è spirito di arrabbia, a volte spirito di pigrizia, a volte spirito di cupidigia. Noi tutti capiamo che le nostre azioni dipendono fortemente dallo spirito che dimora dentro di noi. Si può dire tante parole sullo Spirito Santo, terza persona della Santissima Trinità, ma oggi dobbiamo sopratutto credere, che è lui che guida verso la vita vera. Per questo chiediamo lo Spirito Santo: Veni Creator Spiritus, affinché la nostra vita non sia una vegetazione! 

Terza verità che esce dalla lettura della Bibbia di oggi è la verità del vangelo, verità che parla di Gesù.
Gesù è sul monte con i suoi discepoli. Essi potevano vederlo, alcuni dubitavano, altri si prostrarono dinnanzi a lui, ma lui si avvicinava, parlava per dare l’ultima parola: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato”.
Gesù, Figlio di Dio sa che senza luce l’uomo perde non solo la strada ma anche l’anima. Gesù, Figlio di Dio sa, che lui deve essere con noi tutti i giorni, sino alla fine del mondo, perché siamo bambini troppo piccoli per vivere da soli. Gesù, Figlio di Dio sa che non c’è nazione fuori della salvezza, che tutti sono amati da Dio, che tutti nel profondità del cuore desiderano la pace dell’amore di Dio a volte pur non sapendo questo.
Tante parole si può dire del Figlio di Dio, seconda persona della Santissima Trinità, ma oggi dobbiamo sopratutto credere che lui ci ha dato e dà sempre la luce nel cammino verso la vita eterna e la sicurezza che lui ci capisce bene perché era uomo vero, come noi.

Cari fratelli!
Per oggi basta credere che Dio esiste tra noi, Spirito Santo guida l’uomo credente, invece Gesù ci insegna e assicura con la sua presenza che non si può perdere la vita quando si crede in Dio.

Cari cristiani!
Vi prego, supplichiamo durante questa messa affinché non usciamo dalla chiesa senza la convinzione profonda che Dio si è rivelato a noi nella Santissima Trinità per darci la vita vera.
Vi prego...

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Maresso, Pasquetta, il 28 marzo 2005

 

 

Cari amici…
Oggi tutti voi siete donne. Si... Anche se siete maschi. È vero. Non ci credete? Allora ascoltate… 

Le donne del vangelo di oggi, il primo giorno dopo il sabato si recarono alla tomba. Sono rimaste fedeli anche dopo la morte. Anche quando Maestro è un cadavere e colui che apriva gli occhi dei ciechi è stato rinchiuso in una tomba. Nonostante tutto e malgrado tutti, l’amore verso Gesù porta le donne alla più misteriosa tomba del mondo.

Cari amici. …
Tutti voi siete le donne del buon mattino. Il mondo dice: “Gesù è morto!” Gli altri dicono: “La religione non vale più niente!” La moda lascia a parte la bellezza del vangelo. I vostri amici cercano la carriera lontana da Golgota. Invece voi, nonostante gli stessi peccati, malgrado i diversi fiaschi, sebbene sembri che la fede non sia più forte come tempo fa, benché Dio non parli come ai profeti, nonostante tutto e tutti, venite da Gesù anche quando Egli sembra essere morto. Venite qua, anche quando non trovate qui niente. Venite in chiesa, anche quando siete sicure di non incontrare Dio onnipotente. Siete fedeli fino alla tomba, perché il vostro cuore batte più forte dell’incredulità. 

Le donne del vangelo hanno visto i due uomini. Le loro vesti erano sfolgoranti. Anche se le donne erano impaurite ed incerte, hanno capito bene: “Il Signore non è qui!”
Non è vero che voi siete le donne del buon mattino? Non è vero che anche voi avete sentito questa voce che parla del Risorto? Quanti uomini vi hanno raccontato questa storia? Quanti preti, suore, parenti, amici, catechisti? Non è vero che avete già sentito bene che Gesù vive? Che non è morto? Avete già sentito… Lo sapete meglio di me.

Le donne del vangelo sono tornate dal sepolcro per annunziare la buona novella agli Undici e a tutti gli altri.
Donne del buon mattino di Maresso…
Scommetto che anche voi nella vostra vita siete tornate dalle ceneri della fede per dire almeno ad una persona nel mondo che Gesù vive, che non è vero che Dio sia morto. Scommetto che anche voi avete già annunciato agli altri che soltanto Cristo è la scommessa più sicura nel mondo. Non è vero? 

Ma quelle parole parvero loro come vaneggiamento e non credettero ad esse. Povere donne del vangelo di cui non si fidano gli uomini. Penso che gli apostoli assieme con san Pietro sentano vergogna fino ad oggi quando ricordano questo momento in cui non hanno creduto alle donne.
Donne del buon mattino di Maresso… Non vi scoraggiate! Non perdete la fede! Non vi preoccupate dell’indifferenza del mondo, anzi, non perdete vi d’animo per i vescovi, per i preti, per le suore, per i catechisti, per i parenti, che attaccati alle loro debolezze passano i tempi difficili del loro cristianesimo. Non vi scoraggiate! La verità della fede non dipende dagli uomini come il sole sorgerà anche se tutta l’umanità andrà in pezzi. 

Le donne del vangelo non hanno visto Cristo risorto. Nello stesso giorno Lo vedrà Maria di Magdala. Alcune Lo vedranno la sera pasquale. Le altre incontreranno il Risorto nel corso di quaranta giorni fino all’Ascensione.
Donne del buon mattino di Maresso…
Voi, avete visto Gesù? Si… Si può! Non è una favola! Avete visto Gesù vivo e risorto?…
Lo vedrete, vi assicuro nel nome del vangelo. Lo vedrete. Prima o poi. Durante la vita o dopo la morte. Nell’eucarestia o nel corpo celeste, nel tuo prossimo o nei santi, nella parola della Bibbia o nella parola del giudizio universale. Nella sofferenza o nella gloria, ma Lo vedrete. Nel nome del vangelo, vi assicuro… perché Egli, il Signore della vita e morte non può nascondersi per sempre davanti a quelli che sono fedeli fino alla tomba. 

Cari amici…
Tutti voi siete le donne del buon mattino. Si… Anche se siete maschi.
Lidia. Rossano. Ilaria. Simone. Giada. Luca. Paola. Alessio. Vittoria. Roberto. Antonia. Ambrogio. Franca. Marco. Melissa. Alessandro. Sara. Pietro. Andrea, Francesco, Katjusza, Davide, Tomasso…
Tutti voi, i cui nomi conosce soltanto Dio, tutti voi siete le donne del buon mattino.
È vero!
Non ci credete?

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Maresso, Pasqua, il 27 marzo 2005

 

Caro amico…
Mi chiamo Wojciech. Ho 32 anni. Sono uno dei due discepoli in cammino per un villaggio di nome Emmaus.
Come ti chiami? Quanti anni hai? Tu sei il secondo discepolo in cammino per un villaggio di nome Emmaus. 

Abbiamo lasciato Gerusalemme. Si, è vero. Abbiamo lasciato un luogo dove si perde invece di vincere, dove si muore invece di vivere, dove si porta la croce invece della corona di gloria. Abbiamo lasciato Gerusalemme, la città che si potrebbe chiamare: il mistero della croce. Non ci piacciono più le sofferenze, rinunce, digiuno. Vogliamo scappare dalla vita dove ci soni i limiti della morale e il giogo dei comandamenti. Si, non è vero? Abbiamo lasciato Gerusalemme.

Ma quale direzione abbiamo preso? Dove è Emmaus? Si dice distante circa sette miglia da Gerusalemme. Non è lontano. È vero. Non è lontana la strada che va dalla croce ai piaceri, dalla fede all’indifferenza, dalla chiesa al mondo. Non è lontano. Ma dove è il nostro Emmaus. Dove vai uomo? Quo vadis, homine? Che cosa vuoi trovare nella vita? Dove vuoi abitare? Come si chiama la città della tua “dolce vita”? Si chiama per caso “Sia fatta la mia volontà”? Forse si chiama “Mai dolore”? oppure “Senza sforzo”. Come si chiama il misero villaggio della nostra fuga?

Non è che abbiamo lasciato tutto. Pur camminando verso Emmaus parliamo di tutto quello che è accaduto a Gerusalemme.
Come i discepoli del vangelo odierno anche noi non possiamo capire “il perché” della nostra fede. Non possiamo capire perché la fede non funziona nella nostra vita. Perché nonostante tutte le esigenze, tutti i propositi buoni non si va avanti. Non possiamo capire perché sempre di più la Chiesa va fuori di moda, la gente gira le spalle, i giovani trovano gli affari più affascinanti, la parola anche se proclamata divina non cambia né la storia né gli esseri umani. Spesso o raramente, nel cuore o nell’apparenza ma discutiamo delle cose che dovevano darci la speranza. Diciamo: “Noi speravamo che fosse Dio a liberarmi”.

 Anche noi non camminiamo da soli. Qualcuno si è accostato e cammina con noi. Egli prova a spiegarci tutto quello che è accaduto e che sta accadendo nella vita. Usa la Bibbia. Usa la logica. Parla dal cuore al cuore.
Chi è quello sconosciuto nel nostro cammino verso Emmaus? Tuo padre? Madre? Qualcuno dei parenti? Prete? Suora? Amico? Il libro religioso? Il programma televisivo? Chi è quello sconosciuto nel tuo cammino a Emmaus?

Caro amico…
Si fa sera e il giorno già volge al declino. È il momento della domanda decisiva. Abbiamo coraggio di dire “resta con noi”? Abbiamo coraggio ad invitare il nostro sconosciuto a tavola cioè creare con lui una comunione più stretta? Non si trovavano alla tavola giudaica i nemici. Essere insieme a tavola significava essere d’accordo, stare molto vicino. Allora, abbiamo coraggio a dire “resta con noi” – “mane nobiscum”? Si, abbiamo coraggio. Proprio stasera siamo a tavola della chiesa di Maresso. Siamo qui a dire a quello sconosciuto “resta con noi! Prendi il pane! Di’ la benedizione! Spezza il pane e dallo a noi per aprire gli occhi chiusi, riscaldare i cuori freddi, spalancare le orecchie tappate, rafforzare le mani indebolite e raddrizzate le ginocchia paralizzate! 

Caro amico…
Siamo noi i discepoli di Emmaus. Malgrado l’ora tardiva, malgrado la via lontana ti prego, mio compagno della fuga per Emmaus, ti prego, andiamo a Gerusalemme! Torniamo senz’indugio. Prendiamo la strada per trovare gli apostoli e tutti gli altri della santa Chiesa che dicono oggi con la gioia indimenticabile: “Davvero il Signore è risorto!”

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Maresso, Pasqua, il 23 marzo 2008

 

Oggi in alcuni paesi non si dice: “Buongiorno – Buongiorno” ma si saluta con le parole seguenti: “Cristo è risorto! È veramente risorto!”.
Non è una fantasia. Non è una sciocchezza. Non è la verità contro la ragione. La risurrezione del Cristo è semplicemente un fatto. Qualcuno può dire: Ci vuole la fede! Si certo! Ma anche i ciechi devono avere la fede che ci sia il sole.
Cristo è risorto. È veramente risorto!
Come aiutarci a credere? Come essere convinti?
Come vivere questa verità nel cuore?
Guardiamo i discepoli di Emmaus. Loro gettano la luce sulla fede in Gesù Cristo, risorto. 

1. Il primo punto è il discorso, è la conversazione, la meditazione su Gesù. I due discepoli prima di incontrare Gesù sulla strada che portava a Emmaus, parlavano di Gesù.
Loro avevano i dubbi, non potevano capire il fenomeno di Gesù Cristo. Ma loro non hanno detto: lasciamo stare, non vale la pena neanche parlarne.
Ciascuno ha diritto ad avere i dubbi. Ma quando no si parla dei dubbi, quando non si cerca la soluzione è molto probabile che non si la troverà. Così si può passare tutta la vita senza riconoscere Cristo che cammina con noi ogni giorno e in ogni circostanza. 

2. Ma i discepoli di Emmaus non solo parlano degli eventi accaduti a Gerusalemme. Alla fine della giornata vedendo che Gesù fece come se dovesse andare più lontano, essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”.
Se non avessero insistito, se non avessero chiesto Gesù, non l’avrebbero riconosciuto.
Quando non vedo Gesù risorto nella mia vita, quando ho l’impressione che lui se ne va, devo insistere: Resta con me! Si fa sera! Resta con me, anche se non ti conosco bene…
È difficile vedere il Risorto senza pregare…

3. L’ultimo punto della via verso Emmaus è lo spezzare del pane.
Quando Gesù “fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.”
Non durante la strada, non nella conversazione, ma nell’eucaristia. Sono importanti i dubbi nella vita, essi portano alla discussione, sono importanti le conversazioni, loro portano alla preghiera. E importante la preghiera, essa porta al sacramento dell’altare. E qui, sotto la specie di pane e di vino Gesù si fa riconoscere.
La gente che viene in chiesa, che si avvicina al corpo del Cristo, che riceve la comunione con la fede ha questa sensazione fondamentale: Cristo è qui! Gesù risorto! È vivo! È impossibile essere indifferente davanti al corpo di Cristo se il cuore porta almeno un minimo della fede…!

Cari amici,

La vita è una via verso Emmaus.
Cristo è risorto e cammina accanto a noi.
Forse non visto. Forse non capito. Forse ancora non riconosciuto. Forse dobbiamo parlarne di più, forse pregare, magari accostarci più spesso all’Eucaristia.
Oggi, Domenica della Risurrezione, cerchiamo almeno ad uscire dalla messa con un proposito semplice:
Se Cristo è risorto, devo cercarlo, finche non lo trovo: Signore mio e Dio mio!

 

[post_title] => Tre tappe della via verso Emmaus (Pasqua) [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => closed [ping_status] => closed [post_password] => [post_name] => 303-3-tappe-della-via-verso-emmaus [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2011-04-26 06:04:10 [post_modified_gmt] => 2011-04-26 04:04:10 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => http://wegrzyniak.kei.pl/2011/04/26/303-3-tappe-della-via-verso-emmaus/ [menu_order] => 4188 [post_type] => post [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [10] => WP_Post Object ( [ID] => 4859 [post_author] => 4 [post_date] => 2011-04-26 05:17:00 [post_date_gmt] => 2011-04-26 03:17:00 [post_content] =>

Maresso, (Via Crucis), il 21 marzo 2008

VENERDI SANTO

Gesù è morto. L’hanno ammazzato. Guardate la croce…

Cari abitanti di Maresso, Giovani e più avanzati in età, Fratelli, sorelle…
Vengono i momenti nella storia, nella vita familiare, e nella mia e tua vita quando si deve parlare delle cose più difficili. Un giorno dell’anno. Un venerdì tra tutti i venerdì. È giunta l’ora in cui si deve parlare della croce.
Quando Dio è lontano. La gente ti ha lasciato solo. I vicini non si interessano. E tu non sei debole. Tu sei semplicemente niente.
Nessuno può contare quante volte alcuni ripetono la domanda: Perché?
Dio, perché io soffro così tanto? Perché a me? Perché cosi duro?

Nessuno può trovare una giara per chiudere dentro le lacrime che scendono dagli occhi dei più piccoli agli occhi degli anziani abbandonati da tutti.
Nessun pittore ha coraggio di dipingere il cuore spezzato che maledice il giorno quando è nato.
Nessun scrittore - neanche Dante - osa a prendere la penna per esprimere il dolore che grida senza voce, il gemito che strappa il cuore, il pianto che non innesta alcuna speranza.
Dove sei, mio bambino? Perché te ne sei andato, mio amore?
Come mai hai osato distruggere tutta la mia vita?
Quante volte mi farai male deridendo la mia fede, burlando di me stesso?
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Fino a quando nascondi la tua faccia? 

Cari cristiani,
Io non sono capace di togliere il peso che uno porta nel cuore. Vorrei soltanto dire tre parole senza cui la croce ucciderà anche i più forti. Tre parole che sgorgano dalla croce di Gesù, il Crocifisso. 

1. La parola prima. Ogni croce ha il proprio senso.
Quando Gesù portava la sua croce attraversando le vie di Gerusalemme nessuno della gente che lo guardava poteva capire il senso di questa sofferenza. Per tutti la croce era un segno di vergogna, obbrobrio, scandalo e disonore.
Invece oggi, dopo 2000 anni, milioni di croci sono portate dagli uomini o appese nei diversi luoghi del mondo come il segno di amore. C’era e c’è il senso nella croce di Gesù: la redenzione del mondo, la remissione dei peccati, la vittoria sul male, il perdono in ogni circostanza, la fedeltà fino alla morte.
C’è e ci sarà il senso della tua e della mia croce. Forse troveremo Dio, forse dobbiamo cambiarci, forse la nostra sofferenza è aiuto per i nostri morti, forse qualcuno ha bisogno del nostro sacrificio. Anche se non vedi ancora il senso del dolore, l’unica cosa sicura è che non c’è neanche una croce senza senso. 

2. La parola seconda. Ogni croce ha la fine.
Anche dal punto di vista del tempo, la croce di Gesù doveva finire. Prima o poi. Con la sua morte. Ma la croce di Gesù non è finita con la sua morte, altrimenti questa croce sarebbe una grande sconfitta.
La fine è venuta Domenica di risurrezione, di buon mattino.
Così è normale quando uno grida: Fino a quando?! Non ce la faccio più! Ma è non solo normale ma è soprattutto sicuro che ogni dolore avrà la fine.
Così Gesù morendo sulla croce dice a ogni uomo che sta soffrendo: “Ancora un po’! Non ti scoraggiare! Non perdere la speranza!” Stai soffrendo perché oggi è venerdì santo, ma non è lontano il giorno della risurrezione! 

3. L’ultima parola: Ogni croce è prova dell’amore.
Tutti e tre erano appesi sulla croce: Gesù e i due ladroni. Gesù ha amato fino alla fine, un ladro buono ha accettato l’amore, il suo compagno è morto portando rancore e incomprensione.
La terza cosa sicura che riguarda la croce è l’amore. Quando si soffre tanto si deve amare tanto. La prova della croce più terribile non è il dolore ma la tentazione di odiare tutti e tutto, la prova dell’amore, la tentazione di smetter a credere che Dio è amore, che vale la pena amare gli altri, che vale la pena perdonare, vale la pena essere buono quando gli altri sono soltanto cattivi.
A volte la gente chiede: che cosa posso fare? Soffro così tanto che non so che cosa fare? Quando soffri di più, ama di più! Perché chi ama, non sbaglia mai.

Cari amici,
Guardiamo la croce di Cristo!
Perché qui c’è senso di ogni croce!
Qui ci sarà la fine di ogni croce!
E qui c’è l’amore – che deve essere sempre l’ultima parola dell’uomo.

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Gerusalemme, SBF, il 17 febbraio 2008

 

 

1. La prima parola: “Concretezza”.

Una cosa mi colpisce sempre quando Dio parla con diverse creature nella Bibbia: “concretezza”.
L'arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza – questo a Noè.
"Il dieci di questo mese ognuno prenda per sé un agnello per famiglia, un agnello per casa - questo a Mosè. 
Su, consacralo, perché è lui!». – a Samuele quando ha visto Davide.
Oppure a Gedeone: «Tutti quelli che lambiranno l'acqua con la lingua, come fanno i cani, mettili da parte; tutti quelli invece che per bere si piegheranno sui loro ginocchi, lasciali andare».
Concretezza.
Così anche oggi – ad Abram:
Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre.

 Come mai loro potevano sentire la voce di Dio così concreta, cosi chiara?

4 anni fa dovevo scegliere un seminario al Biblico. Mi piacevano soprattutto due ma pur avendo pensato bene non potevo decidermi. Nell’ultimo giorno d’iscrizione, prima di andare alla segreteria, mi sono recato alla capella e prego: “Signore mio, ho soltanto 30 minuti. Devo sapere, perché non c’è tempo! E tu sai come mi dispiace di non essere sicuro”. Dopo 2 o 3 minuti sono stato convinto. Sì! Certo! Soltanto questo seminario. Perché? Non lo so. Le ragioni sono rimaste le stesse. Ma la soluzione è la convinzione sono venute improvvisamente.

Concretezza.
Di solito non sento la voce di Dio così concreta. So benissimo che cosa Dio dice ai personaggi biblici, ma faccio veramente fatica a capire quale cosa concreta Dio vuole da me proprio oggi.
È qui la prima lettura ci viene in aiuto:
«Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò.”
Il comando è composto di due parti: e solo la prima è la parola concreta. Abram sente benissimo da dove deve andarsene, ma non sa ancora dove recarsi: “verso il paese che io ti indicherò”.
Se Abram metterà in pratica la parola che è chiara e concreta, riuscirà a ricevere, ascoltare, decifrare e concretare la parola che oggi non dice quasi niente.
Se io voglio che la parola di Dio non parli in modo polisenso o senza senso, devo mettere in pratica quella che è già concreta.
Quale parola di Dio è già concreta per me?
Quale comando è già chiaro?
Quale paese e quale casa devo già lasciare?
Comprensione cresce con l’adempimento…

2. La seconda parola: “Configurazione”.

In astronomia “configurazione” è la posizione di un pianeta rispetto al Sole.
Quale era la configurazione dei discepoli nel vangelo di oggi rispetto al “volto che brillò come il sole”?
Sono stati eletti. Soltanto Pietro, Giacomo e Giovanni. Presi da Gesù. Condotti in disparte. Su un alto monte. E Gesù fu trasfigurato davanti a loro.
Non c’è transfiguratio senza configuratio.
Elezione. Fatica della salita su un alto monte. Essere davanti a lui.
Non c’è trasfigurazione senza configurazione.
Quale è la mia configurazione? Quale è la mia posizione rispetto al Sole che non tramonta mai?
Devo veramente rileggere De revolutionibus orbium coelestium di Copernico per capire che tutto deve girare attorno al Sole?

Configurazione.
Che non siamo mai pianeti che girano soltanto attorno al proprio asse…!

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Gerusalemme, SBF, il 23 febbraio 2008

 

Con chi mangi?
Quale tipo di gente stai ricevendo?

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».

Con chi mangi?

È molto facile passare il tempo con la gente che condivide le stesse idee.
Non è pericoloso per niente avvicinarsi a quelli che si sono già avvicinati a Dio.
È degno di lode agli occhi dei nostri amici, dei relativi, agli occhi dei nostri superiori stare solo con gli uomini che godono una buona opinione.
È utile essere più vicino ai vescovi, decani, guardiani, forse anche agli economi.

Con chi mangi?

La domanda sembra ridicola, ma il rischio è grande, il rischio che un padre avendo due figli ci lascerà le ossa senza vedere il suo figlio prodigo... anche se da lontano…

Allora?

Con chi?

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Lyon, 16/09/2005

 

Mardi dernier Cardinal Barbarin a dit dans l’amphithéâtre romain à Lyon:
La Bible parle que « Dieu d'Israël a visité son peuple », mais nous pouvons laisser le passé composé et dire « Dieu d'Israël visite son peuple », maintenant à Lyon.

Est-ce que nous pouvons dire de même, aujourd’hui, dans la paroisse de la Saint Trinité?
Jésus passe.
Maintenant.
Jésus proclame la Bonne Nouvelle.
Maintenant.
Les disciples l’accompagnent. Des femmes aussi.
Maintenant.
Vous connaissez leurs noms.
C’est sûr.
Qui est libéré du démon?
Qui est une femme de « l’intendant » de la ville de Lyon?
Qui aide de ses ressources?
Maintenant. 

La Bonne Nouvelle s’appelle « Maintenant ».
C’est le fondement de la foi.
Sinon …
nous sommes seulement visiteurs du magasin d’antiquités.

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Gerusalemme, SBF, il 12 dicembre 2007

 

Perché sono stanco?

Non ho dormito bene?
Ho lavorato tanto?
Ho mangiato male?
Forse sono malato?
Oppure mi sento già anziano?
Peggio ancora, già esaurito, smidollato e sfibrato?

Perché sono stanco?

Il profeta Isaia dice:
Anche i giovani faticano e si stancano,
gli adulti inciampano e cadono.
È allora normale che mi stanco?
Si certo!
È allora naturale che faccio fatica e inciampo?
Si è naturale!

Ma essere normale non è ultima parola della Bibbia!

Dice il profeta Isaia:
Ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, 
mettono ali come aquile,
corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi.
Dove camminano?
Dove corrono?

Quelli che sperano nel Signore corrono soltanto a colui che dice:
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.

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Gerusalemme, SBF, il 20 febbraio 2008

 

Che cosa vuoi?
Parole possono ingannare.
Opere possono ingannare.
Ma voglia mai.

Che cosa vuoi?
Gesù disse alla madre dei figli di Zebedéo: 
Che cosa vuoi?

Se io voglio governare significa che i miei occhi si dirigono verso gli uomini, significa che io sono interessato alla relazione tra me e gli uomini, la relazione in cui io sono dominatore, in cui non c’è un altro sopra di me…
Se io voglio servire significa che i miei occhi si dirigono verso Dio, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni; come gli occhi della schiava alla mano della sua padrona, significa mi interessa la relazione tra me e Dio, perché esiste soltanto un padrone, e solo un Signore.

Che cosa vuoi?
Dove vuoi dirigere gli occhi?
La voglia non mentisce mai.
E non solo questo.
Il paradosso del vangelo spiega la cosa così ovvia come semplice:
Solo chi vuole servire, sarà capace a governare.
Perché chi non ha nessun padrone, non sarà mai padrone.

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Roccagorga, il 13 gennaio 2002

 

Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera. Una ragazza scrive:
Padre, perché nel mondo ci sono tante ingiustizie? Perché c’è tanta gente che non crede, non compie la volontà di Dio, è cattiva, eppure vive in gioia? Mio fratello è malato da bambino i miei amici spesso non vengono in chiesa, non sono onesti a scuola, ma sono lieti e senza problemi. Lo so che bisogna sopportare la propria croce, lo so che Gesù è sempre con me, ma perché succede tutto questo, perché sembra che la nascita di Gesù non ha cambiato niente?

Carissimi!
Oggi festeggiamo il Battesimo del Signore e la parola di Dio ci dice tante cose belle, dice anche perché è venuto Gesù, quale scopo e vantaggio aveva la sua nascita, la sua morte e la sua risurrezione.
Dice il Signore dal mezzo del profeta Isaia:
“Egli porterà il diritto alle nazioni” – e veramente Gesù ha portato il diritto, il diritto dell’amore.
“Egli non griderà né alzerà il tono” – e veramente Gesù era mite e umile di cuore.
“Egli non spezzerà una canna incrinata e non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta” – e veramente dice Gesù alla donna adultera:
“Neanch’io ti condanno”.
Dice anche il Signore al Messia:
“Ti ho stabilito come alleanza del popolo” – e veramente Gesù ci dice ogni giorno: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi”.
Dice il Signore:
“Ti ho stabilito come luce delle nazioni” – e veramente Gesù è la luce del mondo e chi gli segue, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.
Dice il Signore che il Messia viene perché apra gli occhi ai ciechi e veramente Gesù guarisce cieco Bartimèo vicino a Gèrico.
Anche Pietro ci dice oggi, che dopo il battesimo, Gesù passò beneficando a risanando tutti colore che stavano sotto il potere del diavolo.
E veramente chi di noi potrebbe contare tutti i prodigi di Gesù, chi potrebbe misurare la grazia di Dio che ci ha portato il Cristo venendo nel mondo?
Gesù non è venuto nel mondo per giacere in una mangiatoia a Betlemme!
Gesù non è venuto nel mondo per fuggire in Egitto!
Gesù non è venuto nel mondo per vivere tranquillamente a Nàzaret!
Le festa odierna ci dice:
Gesù comincia la sua attività pubblica!
Gesù comincia fare il bene! Gesù comincia dare il suo amore!
Veramente, Gesù è venuto per darci tutto ciò è possibile.
Non possiamo dire, carissimi, che la nascita di Gesù non ha cambiato nulla. Tutti risanati da Gesù, Lazzaro risorto, risuscitato il figlio della vedova di Nain, tutti che mangiavano pani e pesci che Gesù ha dato loro, tutti gli apostoli e la gente del tempo di Gesù ce lo dicono: Gesù ha cambiato la nostra vita!

Carissimi!
Ci sono nel mondo tante ingiustizie e forse troppo spesso ci sembra che il mondo prima e dopo di Gesù sia cattivo. Ma se noi festeggiamo oggi il battesimo di Gesù, se ci ricordiamo l’inizio dell’attività del nostro Signore, vogliamo dire, che adesso il mondo dipende da noi. Gesù ci ha dato infatti l’esempio perché come faceva lui, facciamo anche noi. Oggi noi abbiamo tutto. Abbiamo l’esempio, abbiamo la grazia, abbiamo lo scopo della vita. Se ogni di noi cominciasse metterà in pratica la parola di Dio, se ogni di noi cominciasse amare di più gli altri, il mondo cambierebbe il suo volto. Sicuramente.
Per questo, carissimi, preghiamo oggi perché pensando del nostro battesimo cominciamo di nuovo, con la nuova forza e la nuova grazia la nostra vita cristiana.

 

[post_title] => Cristo, perché sei venuto? (Battesimo del Signore) [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => closed [ping_status] => closed [post_password] => [post_name] => 237-battesimo-del-signore [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2011-01-07 22:49:11 [post_modified_gmt] => 2011-01-07 21:49:11 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => http://wegrzyniak.kei.pl/2011/01/07/237-battesimo-del-signore/ [menu_order] => 4244 [post_type] => post [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [17] => WP_Post Object ( [ID] => 4830 [post_author] => 4 [post_date] => 2010-12-26 21:14:28 [post_date_gmt] => 2010-12-26 20:14:28 [post_content] =>

Maresso, il 26 dicembre 2004

 

Cari Maressesi,
Un giorno dopo Natale la Chiesa festeggia Santo Stefano.
Perché?
Ieri si parlava della nascita, oggi della morte.
Ieri fasce e mangiatoia, oggi sassi e lapidazione.
Ieri gloria, oggi martirio.
Perchè, carissimi di Maresso?

 

Prima cosa che si deve dire è semplice: la Chiesa non ci illude. Il Vangelo non vuole creare un mondo che non esiste, un mondo con i giochi, fuochi d’artificio e bolle di sapone che spariranno prima o poi. Nel Vangelo si vive o si muore, si festeggia o si piange, si ama, o si odia. Perciò è vietato pensare che Dio, chiesa, vangelo non hanno niente a che fare con tutti i problemi della vita quotidiana.

 

La seconda cosa è più difficile: la sofferenza fa parte della vita normale. Perciò la cosa più stupida nel mondo è il parlare che sia possibile la vita senza dolore.

Che cosa hanno fatto al Santo Stefano, primo martire?

Sorsero a disputare, fremevano in cuor loro, digrignavano i denti contro di lui, proruppero in grida, si scagliarono contro di lui, lo trascinarono fuori della città, si misero a lapidarlo.

Che cosa gli uomini, anche della stessa famiglia, fanno ai discepoli di Gesù?

Consegneranno ai tribunali, flagelleranno, daranno a morte, insorgeranno contro di loro, faranno morire, odieranno.

È scritto così. Abbiamo sentito bene. Perciò è vietato pensare che la morte, odio, bugie, umiliazioni, maltrattamenti, ingiusti tribunali, e tutte le sofferenze che sperimentiamo sono le cose strane.

 

L’ultima cosa ci fa pensare.

Come reagisce Santo Stefano dopo aver subito tutti questi insulti?

Fissa gli occhi al cielo, vede la gloria di Dio, contempla i cieli aperti, prega, piega le ginocchia e grida forte: “Signore, non imputare loro questo peccato”.

Perché si comporta così? Perché non odia lui? Perché non insulta lui? Perché?

Gesù Cristo, nato a Betlemme, Bambino piccolo avvolto in fasce, è lui che sta ora alla destra di Dio e dà la forza a Stefano che nessun uomo e nessuna cosa gli potrebbe dare.

Dio è Onnipotente e può aiutarci! Perciò è vietato pensare che non si può subire i guai con la faccia cristiana.

 

Un giorno dopo Natale la Chiesa festeggia il primo martire. Santo Stefano, ti preghiamo, noi uomini di Maresso, insegnaci a cantare la Gloria quando il Bambino Gesù giace nella mangiatoia. Ma insegnaci anche a piegare le ginocchia davanti al volto dello stesso Gesù quando la vita si mette a lapidarci.

[post_title] => Fasce e sassi (Santo Stefano) [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => closed [ping_status] => closed [post_password] => [post_name] => 218-fasce [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2010-12-26 21:14:28 [post_modified_gmt] => 2010-12-26 20:14:28 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => http://wegrzyniak.kei.pl/2010/12/26/218-fasce/ [menu_order] => 4263 [post_type] => post [post_mime_type] => [comment_count] => 0 [filter] => raw ) [18] => WP_Post Object ( [ID] => 4827 [post_author] => 4 [post_date] => 2010-12-22 22:08:02 [post_date_gmt] => 2010-12-22 21:08:02 [post_content] =>

Maresso, il 25 dicembre 2004

 

Perché siamo venuti qui?
Lo stato ha ordinato i giorni liberi.
Hanno chiuso le scuole.
Non ci sono i libri sui nostri tavoli.
Nelle case ci sono l’ordine e il profumo della festa.
E noi siamo qui.
Perché, carissimi?

Perché siamo venuti a Betlemme?!
Davanti a noi c’è Maria che dice:
Carissimi! Siete venuti a Betlemme perchè Gesù è nato!
Dio da Dio si è fatto uomo. Chi ha creato il mondo è venuto nel mondo.
Chi ha creato gli uomini è nato tra gli uomini.
L’Onnipotente è venuto dai deboli.
Il santo è nato tra i peccatori.
Consigliere ammirabile.
Padre per sempre. 
Principe della pace.
Un Salvatore che è il Cristo Signore.
In una mangiatoia, lontano dagli uomini, avvolto in fasce giace Gesù, il più grande tesoro nel mondo, un mistero da non dire...

Perché carissimi siamo a Betlemme?
Davanti a noi c’è Santo Giuseppe che dice:
Carissimi! Siete venuti a Betlemme, perchè qui c’è la speranza.
La speranza che non può morire, ma anche se muore, vive nei secoli. La speranza del futuro.
Andarono dunque i pastori e trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino. Li trovarono perchè Dio non dice le bugie. Ha detto la verità.
Non siamo già ciechi! “Oggi la luce risplende su di noi”! Conosciamo la via che conduce al cielo! Sappiamo che dobbiamo fare per essere felice. Conosciamo già la volontà di Dio.
A Betlemme c’è la speranza. La speranza della pace.
“Perchè grande sarà il dominio del Cristo e la pace non avrà fine”.
Perché dicevano gli angeli: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini”.
La pace nel mondo, la pace nei nostri cuori.
Non avere paura – dice san Giuseppe. Io prima avevo paura di prendere con me Maria. Ma adesso lo so, che quando Dio è con noi, non c’è la vita senza speranza.
Non essere nervoso!
Non essere impaziente!
Non irritarti!
Non avere paura del futuro, della tua croce, delle sofferenze!
Oggi è nato un Salvatore, che ti salva.
Perciò non sei solo! Non sei sola! Vicino a te nella mangiatoia della nostra povertà, dei nostri peccati, della nostra debolezza, nella mangiatoia della nostra paura giace Gesù, il Bambino che vincerà la morte, il peccato e il diavolo.
Non avere paura! È nata per te la speranza vera!

Perché carissimi siamo a Betlemme?
Davanti a noi ci sono alcuni pastori che dicono:
Carissimi! Siete venuti a Betlemme, perchè qui c’è la gioia.
Noi l’abbiamo trovata e vi annunziamo che c’è a Betlemme gioia da non dire.
L’angelo ci dice: 
“ Vi annunzio una grande gioia!”
Gridava il Salmo:
“Gioiscano i cieli, esulti la terra, si rallegrino gli alberi della foresta!”
Non siate tristi! - dicono i pastori – la gioia è più grande perchè Dio ci ama! non ha abbandonato la nostra vita. Non ci ha lasciato nei nostri peccati. Ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio per salvarci dalla schiavitù, per riscattarci da ogni iniquità. Si sono manifestati la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini.

Non siate tristi – dicono i pastori!
Dio ci ama! E d’ora in poi non si può dire: “Nessuno mi ama”.
D’ora in poi non si può dire:“Io sono abbandonata!”
D’ora in poi è vietato pensare che Dio sia lontano da noi, da me, da te, dalla tua famiglia, dalla tua vita.
A Betlemme c’è la grande gioia, perchè a Betlemme c’è l’amore vero.
Non dimenticate mai. Se Dio non ci amasse, non sarebbe nato a Betlemme di Giuda, non sarebbe nato!

Carissimi!
Perché siamo a Betlemme?
Gesù è nato!
È cambiata la storia del mondo!
È possibile la vita nella pace e gioia!

Carissimi!
Siate dunque pastori!
Andate a vostre case ad annunziare a tutti mediante le parole, mediante il cuore, mediante il perdono e l’amore vero; annunziare che il vostro cuore è una mangiatoia dove giace Gesù deposto dalla Chiesa.

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New York, St. Margaret, il 12 agosto 2007

 

Cari amici nella fede!
Domenica scorsa abbiamo parlato dei soldi.
Gesù ha detto: "Fate attenzione e guardatevi dall'avarizia".
Gesù ammoniva di non dedicare tutta la vita al denaro.
Ma se è così che cosa potrebbe essere più importante del denaro?
Se non soldi - che cosa?

La seconda lettura di oggi non ha nessun dubbio.
Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità.
Per fede soggiornò nella terra promessa.
Per fede anche Sara, sebbene fuori dell'età, ricevette la possibilità di diventare madre.
Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco.
La seconda lettura di oggi è soltanto l'abbreviazione del capitolo undicesimo dalla lettera agli Ebrei. Questa lettera parla delle persone che hanno fatto tutto per la fede. L’autore della lettera finisce la sua meditazione cosi:
E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti, i quali per fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trovarono forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri.

Per fede.

Grazie alla fede non ho paura della morte. So che la vita dopo la morte sarà migliore di questa.
Per fede non ho paura di essere solo, So che chi crede non è mai solo.
Per fede non temo di nessuno. Gesù mi dice: " Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla”.
Grazie alla fede non ho paura di perdere qualcosa. Gesù mi dice: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?
Per fede non temo l'odio: Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno.
Tuto grazie alla fede. 

Credo in Dio, perché egli dice:
Se i monti si spostassero e i colli fossero rimossi, il mio amore non si allontanerà da te né il mio patto di pace sarà rimosso.
Credo in Dio, perché egli dice:
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
Credo in Dio, perché egli non dice mai le bugie, non inganna mai, ma è il fonte della forza e la gioia.
Credo in Dio perché anche se non sono migliore di quelli che non credono, egli mi perdona tutti i miei peccati.
Credo in Dio perché non posso credere in me stesso.
Quando mi confesso prometto di non fare gli stessi peccati e poi faccio gli stessi.
Voglio essere un buon cristiano è sempre mi capita di fare le cose che sono contro la mia fede. 
Credo in Dio. Ho fiducia in lui.

Questa è la mia vita, i miei soldi, la mia fama.
Questo è il mio mondo.
La fede.
Tutto grazie alla fede.
Senza la fende - Niente.
Nel mio paese c’è un proverbio: Senza Dio non attraversare neanche le soglie della tua casa. Con Dio puoi andare anche al Calvario.

E che ne pensate voi?

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